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domenica 3 marzo 2013


lA TORRE D’AVORIO
di Ronald Harwood
traduzione di Masolino d’Amico
con
LUCA ZINGARETTI E MASSIMO DE FRANCOVICH
Peppino Mazzotta
Gianluigi Fogacci, Elena Arvigo, Caterina Gramaglia
scene Andrè  Benaim  | costumi Chiara Ferrantini  | luci Pasquale Mari
Produzione Zocotoco / Teatro Eliseo

regia Luca Zingaretti


«Il teatro, la musica, le arti – in generale – eccitano le dittature». Con questa affermazione Paolo Grassi, iniziò il suo intervento relativo al rapporto tra cultura e fascismo durante un convegno tenutosi a Milano agli inizi degli anni Sessanta. Il testo scritto da Ronald Harwood narra la storia del direttore d’orchestra Wilhelm Furtwängler, il quale pur non avendo mai nascosto l’odio per le politiche naziste, a “causa” della sua arte molto apprezzata da Hitler, viene etichettato, suo malgrado, come collaboratore del nazismo. Alla fine della guerra infatti, mentre si cerca di smascherare coloro che avevano appoggiato le politiche del Führer, il musicista viene interrogato da un militare americano che è convinto della collaborazione artistica e politica che Furtwängler nega di aver avuto.
Lo spettacolo assume i tratti di quella “stanza della tortura” con cui Giovanni Macchia aveva giustamente definito il Così è (se vi pare). Nello spettacolo infatti, l’imponente scenografia rinchiude tutti i protagonisti della vicenda. Il funzionario americano vive all’interno delle sue (presunte) certezze, il maestro invece vive imprigionato dentro le proprie. La guerra che si scatena tra i due è riflesso di un periodo storico molto particolare, in cui i rapporti tra America e Germania sono mantenuti da un regolamento di conti dovuto alla ventata di democrazia che gli statunitensi e gli inglesi hanno portato nei paesi in cui le dittatura avevano preso il sopravvento. Questo rapporto viene esplicato e rappresentato da Zingaretti in maniera eccellente coadiuvato da un cast di ottimi attori, primo fra tutti il veterano Massimo De Francovich che interpreta in maniera emozionante il direttore d’orchestra protagonista della storia.
Trattandosi di un fatto realmente accaduto e, soprattutto, essendo “il processo” ancora aperto sulle reali intenzioni di Furtwängler, sia l’autore del testo che il regista riescono a tenersi distanti da conclusioni personali sulla vicenda.

Al regista Luca Zingaretti vanno i meriti di una direzione scenica realizzata con grande maestrìa e precisione.
Spettacolo vivamente consigliato.

Buona Scena!
Carlo Dilonardo

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